Franco Cucchi e Chiara Piano (Dipartimento di Scienze Geologiche, Ambientali e Marine dell'Università di Trieste)
In Italia i litotipi evaporitici sono abbastanza diffusi ed i gessi, anche se non sono sempre predominanti, costituiscono comunque orizzonti anche potenti ed estesi che hanno favorito la genesi di reticoli ipogei e di morfologie epigee varie e ben sviluppate.
In genere gli affioramenti sono distribuiti lungo direttrici strutturali, allungati e di poco spessore. Solamente in Sicilia si evidenziano areali ampi distribuiti su più settori.
Quando sufficientemente estesi, gli affioramenti sono caratterizzati in superficie da doline, sia di crollo che di dissoluzione e da valli chiuse, oltre che, solo localmente, da forme di dissoluzione minori (karren, essenzialmente).
I gessi del Permiano
Gli affioramenti significativi di gessi più antichi sono quelli compresi nella Formazione a Bellerophon, successione del Permiano superiore.
In questo periodo di massima trasgressione ed elevato livello marino, il clima caldo e semiarido caratterizzante tutto il supercontinente Pangea favoriva la deposizione di calcari fossiliferi ricchi in materia organica, dolomie ed evaporiti (BAUD et al., 1993a). Si è venuta così a creare, ad una paleolatitudine indicativa di 15° N, una fascia transizionale in facies evaporitico-clastica che bordava da Ovest a Nord-Ovest la piattaforma dolomitica affiorante nel Sudalpino (fig. 2).
Fig. 2 - Distribuzione delle facies del Permiano superiore in Italia (tratta da DESIO, 1973).
Distribution of Upper Permian facies.
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In questo contesto si sono depositate le evaporati della Formazione a Bellerophon, sovrastante le arenarie e le siltiti della Formazione delle Arenarie di Val Gardena, pure del Permico, e sottostante i calcari e le arenarie triassiche della Formazione di Werfen (Trias inferiore).
Nella sua successione tipica, la Formazione a Bellerophon è suddivisibile in tre unità litostratigrafiche, di cui quella basale è caratterizzata diffusamente se non sostanzialmente da litotipi gessosi (facies Fiammazza Auct.) che affiorano in particolare in Carnia e nelle Dolomiti. La loro distribuzione è generalmente irregolare e localizzata in bacini ristretti ed indipendenti tra loro, probabilmente a causa dell'originaria morfologia con il mare che invadeva irregolarmente il continente originando lagune e microbacini isolati.
Litologicamente nell'unità inferiore basale si riconoscono gessi saccaroidi generalmente in ritmi millimetrici o centimetrici che nella parte inferiore sono alternati a siltiti ed argilliti e nel resto dell'unità a dolomie cariate. Nell'unità intermedia compaiono dolomie, calcari dolomitici, brecce dolomitiche e dolomie vacuolari che passano, nell'unità superiore al tetto della formazione, a calcari nerastri talora bituminosi, frequentemente bioclastici, con stratificazione decimetrica, occasionalmente intercalati a sottili livelli marnosi.
Una caratteristica di questa successione nel Sudalpino orientale è l'intensa tettonizzazione subita durante le compressioni orogenetiche alpine quando i livelli gessosi funsero da superfici di scollamento, mentre le litologie dolomitiche, estremamente fragili, crearono fasce di brecce tettoniche, dovute al movimento tra strato e strato, potenti da pochi metri a quasi 300 metri (VENTURINI, 2000).
I gessi del Triassico
Triassico inferiore
Durante il Triassico inferiore, nella penisola italiana persistettero caratteristiche climatiche aride subtropicali (PARRISH et al., 1986) in paleolatitudini comprese tra 10° N e 20° N. Queste condizioni favorirono l'instaurarsi di ambienti evaporitici locali e limitati, sia arealmente che temporalmente.
È il caso degli sporadici episodi gessosi della Formazione di Werfen (Scitiano) presenti nelle Dolomiti dove l'impedimento della circolazione marina ha dato origine ad intercalazioni di sottili lamine di gessi nell'Orizzonte di Andraz che, al margine occidentale delle Dolomiti, continuano sino al tetto del Membro di Campil.
Decisamente più significativi sono i depositi dello Scitiano superiore presenti nelle Alpi occidentali e nel Sudalpino centro-occidentale, in particolare nelle Prealpi Lombarde e Vicentine. Essi appartengono alla Formazione di Bovegno (citata anche come Carniola di Bovegno o Formazione delle Carniole Inferiori o facies di Róth), che testimonia l'instaurarsi di un ambiente modello sabkha, dove l'aumento di aridità molto probabilmente portò ad una diminuzione della denudazione e quindi ad un minor apporto terrigeno.
La formazione è costituita da calcari dolomitici, per lo più gessosi e vacuolari, grigio giallastri a stratificazione distinta, passanti a brecce; compaiono lenti di evaporiti anche di grandi dimensioni (cave di gesso presso Castelfranco e Pisogne in Val Camonica).
Anche questi depositi evaporitici assumono grande importanza strutturale in quanto principale livello di scollamento della copertura sedimentaria triassica lungo imponenti sistemi tettonici tra i quali quelli della serie orobica e della serie brianzonese.
Triassico medio
Nel Triassico medio persistono le condizioni climatiche precedenti tanto che nel dominio peritetideo si ha la formazione del vasto bacino evaporitico testimoniato dal Muschelkalk germanico. A questa facies appartengono i sedimenti anisici della Sardegna occidentale che alla base presentano calcari e dolomie cariate con lenti marnosogessifere. La serie è suddivisa in tre parti: nella parte inferiore si ha una facies lagunare con dolomie e, in misura minore, calcari compatti poco fossiliferi con dolomie cariate, lenti marnose e gessose. La parte intermedia è in facies litorale con alternanza di marne e calcari marnosi in cui si rinvengono lamellibranchi e una ricca fauna di Conodonti; la parte superiore è una facies pelagica con marne e calcari marnosi con alto contenuto paleontologico.
Contemporaneamente nell'Arco Alpino si assiste all'instaurarsi della piattaforma epicontinentale che registra un solo limitato episodio evaporitico, rappresentato dal livello gessifero intercalato ai calcari arenacei e marnosi appartenenti alla Formazione a Gracilis (DELFRATI et al., 2002) affiorante nel Vicentino. È da segnalare, inoltre, che nei pressi di Livigno il Triassico medio vede una facies evaporitica (gessi e carniole, Untere e Wetterstein Rauhwacke) eteropica alle dolomie.
Triassico superiore
Il quadro paleoevolutivo del dominio tetideo durante il Triassico superiore delinea l'instaurarsi di un margine passivo in termini sia di subsidenza sia di sedimentazione con mutamento paleoclimatico da arido a progressivamente più umido e intertropicale nel tardo Norico (MARCOUX et al., 1993).
Cronologicamente si possono riconoscere tre eventi evaporitici (fig. 3): i depositi in facies germanica Keuper che ricoprono tutto l'arco temporale del Triassico superiore affioranti nella Sardegna occidentale e nel Dominio Delfinese - Provenzale delle Alpi Liguri, i depositi correlati all'evento Carnico affioranti nell'Arco Alpino e nel Gargano, quelli legati all'evento Norico tipici dell'Appennino settentrionale.
Il Keuper rispecchia la sedimentazione in regime clastico-evaporitico ed è dato da dolomie cariate e calcari marnoso-dolomitici con lenti argilloso-gessifere aventi localmente giacitura caotica, talora diapirica.
Nel Sudalpino orientale la successione rappresentativa del Carnico superiore viene riconosciuta nella Formazione di Raibl (PONTON, 2000), sequenza trasgressiva caratterizzata da tre unità litostratigrafiche che, dalla più antica alla più recente, sono: argille siltose varicolori, gessi rosati, dolomie e brecce cariate. La stratificazione è sempre fitta e decisa, la colorazione presenta toni rossi, verdi e gialli. Altre caratteristiche sono le frequenti variazioni di facies, l'eterogeneità degli spessori e l'elevato grado di erodibilità delle sue forme.
In tutto l'Appennino settentrionale sono presenti le formazioni delle Anidriti di Burano e del Calcare Cavernoso (Norico), rinvenibili in affioramento fino all'Umbria e nell'Appennino meridionale a Nord Ovest del Gargano, in sondaggio nelle Marche (CIARAPICA et al., 1987). Queste formazioni sono le più importanti per l'Appennino settentrionale, non tanto per le caratteristiche sedimentarie o paleogeografiche, quanto per i caratteri di "plasticità" che per anni sono stati considerati essenziali per lo scollamento e il movimento della Falda Toscana e di molti altri elementi alloctoni in Appennino.
La Formazione delle Anidriti di Burano è stata riferita ad un ambiente di piattaforma carbonatico-evaporitica tipo sabkha (PASSERI, 1975), con piane tidali e bacini costieri; in affioramento è costituita da alternanze di dolomie scure e gesso in banchi metrici. A causa delle continue trasformazioni dei solfati, le originarie strutture sedimentarie sono state distrutte durante la diagenesi e oggi spesso si riconoscono solamente le strutture legate ai processi di diagenesi tardiva ed alla tettonica ("gesso striato" in CIARAPICA et al., 1985).
Il diretto derivato delle Anidriti di Burano è il Calcare Cavernoso, formazione costituita da brecce di dolomie e da calcari a cellette, a cui sono associati spesso orizzonti di "cenerone". In vicinanza degli affioramenti di solfati spesso sono presenti vene di gesso selenitico di neoformazione. Nei clasti di dolomia è facile trovare pseudomorfi di cristalli di anidrite fibrosa o aciculare, cosa che accade anche nelle Anidriti di Burano. Il Calcare Cavernoso è spesso stato definito come il corrispondente "autoclastico" delle sottostanti anidriti, originato classicamente da idratazione e successiva dissoluzione dei solfati. L'origine delle cellette (CIARAPICA, 1998) è però legata alla dissoluzione di clasti carbonatici per dedolomitizzazione, accompagnata da precipitazione di calcite di neoformazione in vene (pareti delle "cellette").
I gessi del Messiniano
Il Messiniano segna importanti cambiamenti nelle condizioni fisiografiche dei bacini, in corrispondenza della "crisi di salinità" che ha interessato l'area mediterranea, rappresentati dalla Formazione Gessoso-Solfifera le cui successioni più complete affiorano in Sicilia (fig. 4). Qui compaiono, separate da una superficie di discordanza a carattere regionale, due unità evaporitiche poggianti in discordanza sui terreni silico-clastici della Formazione di Terravecchia e ricoperte, sempre in discordanza, dalla Formazione dei "Trubi" (calcilutiti e calcisiltiti pelagiche con calcareniti gradate) del Pliocene inferiore (CATALANO, 1986).
Il Messiniano in Sicilia
L'unità evaporitica inferiore presenta (fig. 5):
- diatomiti e marne diatomitiche di colore bianco candido del "tripoli", sottilmente stratificate, molto porose, leggere e friabili;
- calcari evaporitici (generalmente noti come "calcare di base") costituiti solitamente da calcari algali, laminiti dolomitiche, ecc.;
- gessi selenitici e laminati (generalmente primari) con intercalazioni di marne gessose. L'unità evaporitica superiore consta di:
- gessi selenitici, balatini e clastici, ciclicamente alternati con livelli carbonatico-gessosi e sabbioso-argillosi;
- calcari bioclastici del "complesso terminale" passanti verso l'alto e lateralmente ai precedenti gessi;
- sabbie argillose ("Arenazzolo").
Dalle caratteristiche stratigrafiche e sedimentologiche delle facies evaporitiche e dal rapporto tra substrato preevaporitico e terreni evaporitici sono definibili in Sicilia diversi areali di affioramento (fig. 6) con caratteristiche lievemente differenti: area di Salemi-Calatafimi-Castelvetrano, area di Cimina-Baucina-Sambuchi, area di Petralia-Alimena-Nicosia, area di Caltanissetta-Licata-Agrigento-Gela ed area di Cattolica-Eraclea (CATALANO, 1986).
Il Messiniano nell'Appennino
Nell'Appennino centro-settentrionale le bancate gessose si rivelano d'interesse sia per il loro aspetto sedimentologico che per quello strutturale in quanto, coinvolte nelle duplicazioni e triplicazioni della successione regolare evaporitica, fungono da indicatori cinematici dell'evoluzione deformativa regionale ed in particolare della tettonica compressiva tangenziale mssiniana (fig. 7).
La Formazione Gessoso-Solfifera dell'Appennino centro-settentrionale risulta in generale costituita da tre corpi sedimentari diversificati (ROVERI et al., 1999).
Alla base si ha un "corpo composito inferiore", che complessivamente raggiunge spessori di circa 35 metri, costituito da alternanze di livelli torbiditici gessarenitici, caratterizzati da locali fenomeni di completa ricristallizzazione diagenetica, alternati a strati di peliti scure spesso bituminose ad elevato contenuto in materia organica. Queste "coppie" gessarenitico - pelitiche, il cui spessore medio non supera generalmente il mezzo metro, si ripetono ciclicamente formando una fitta alternanza cromatica chiaro-scura. Talora l'alternanza è interrotta da strati gessosi potenti da 4 a 6 metri, gradati e torbiditici.
Segue un intervallo costituito prevalentemente da peliti grigie, raramente nerastre, al cui interno sono presenti livelli di gessareniti torbiditiche. Verso l'alto alcuni di questi livelli sono coinvolti in franamenti sottomarini e sono soggetti a boudinage.
Al tetto si ha un "corpo composito superiore" con spessore molto variabile (mediamente circa 100 metri) costituito da almeno due livelli distinti, uno di strati a matrice pelitica ricca in clasti e noduli di gesso (diagenetici) e un corpo caotico a matrice pelitica inglobante clasti eterometrici di rocce gessose appartenenti agli intervalli sottostanti. Al tetto del corpo caotico, compaiono facies gessarenitiche stratificate.
Dal punto di vista litostratigrafico, la fase post-evaporitica è rappresentata nell'Appennino settentrionale da due unità informali note come Formazione di tetto e Formazione a Colombacci.
Ad Est della Linea di Forlì la Formazione Gessoso-Solfifera si presenta con facies bacinali (evaporiti risedimentate) e la successione è suddivisibile in due sequenze deposizionali principali. La sequenza inferiore comprende le facies risedimentate della Formazione Gessoso-Solfifera e i depositi terrigeni della Formazione di S. Donato o di tetto; la sequenza superiore comprende i depositi fluviolacustri della Formazione di Cusercoli (corrispondente alla Formazione a Colombacci).
Il Messiniano nell'Italia settentrionale
Nell'Italia settentrionale durante il Messiniano la linea di costa coincideva approssimativamente con l'attuale margine interno delle Alpi ad esclusione di brevi e stretti bracci di mare; ciò ha precluso la sedimentazione evaporitica che, se presente, è solitamente non molto potente, con frequenti variazioni di facies e con abbondanti apporti terrigeni.
L'arca di affioramento classica è rappresentata dal Bacino Terziario Piemontese ed è limitata a Nord dai rilievi della Collina di Torino e del Monferrato dove la Formazione Gessoso-Solfifera è compresa tra le Marne di S. Agata (al letto) e le Argille di Lugagnano (al tetto) con gessi che si presentano per lo più in corpi lenticolari.
In sondaggio i depositi messiniani sono presenti in tutto il sottosuolo della Pianura Padana, ad esclusione della Pianura Veneta e Friulana, con una potenza indicativa variabile tra qualche decina e 100 metri, e si mostrano in facies argilloso-marnosa a cui si associa anche gesso che palesa un ambiente di sedimentazione iperalino; al tetto ed in continuità si rinvengono talora argille e marne.
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