venerdì 28 giugno 2019

Il Sideriano - La catastrofe dell'ossigeno - Storia della Terra

Il Sideriano (dal Greco sideros, "ferro") è il primo periodo dell'era Paleoproterozoica. Si estende da 2500 milioni a 2300 milioni di anni fa.
Anziché essere basate sulla stratigrafia, queste date sono definite cronologicamente.
In questo periodo si manifestarono delle formazioni di bande di ferro (note come BIF, dall'inglese "banded iron formations"). Le BIF furono causate da alghe azzurre anaerobiche che producevano ossigeno come scarto del loro metabolismo; l'ossigeno si combinò con il Ferro presente per formare la magnetite (Fe3O4, un ossido di ferro).
Questo processo ripulì gli oceani dal ferro prima di allora presente in abbondanza, schiarendo così il colore verdastro delle acque per portarlo verso il colore attuale. In seguito la continua produzione di ossigeno, non più combinato, portò al suo accumularsi nell'aria dando inizio alla formazione dell'attuale atmosfera ricca di ossigeno. Questa atmosfera risultò tuttavia letale per le specie anaerobiche che non riuscirono a sopravvivere in questo ambiente per loro tossico, dando così luogo alla grande estinzione nota come "catastrofe dell'ossigeno", che fu seguita poco dopo dalla glaciazione uroniana. La glaciazione uroniana iniziò a metà Sideriano (2400 milioni di anni fa) e si concluse nel Rhyaciano (2100 milioni di anni fa).
Con il termine catastrofe dell'ossigeno ci si riferisce alla grande estinzione di massa delle primitive forme di vita anaerobica della Terra causata dall'accumulo di letale ossigeno nell'atmosfera terrestre.
Questo importante evento, noto anche come Crisi dell'Ossigeno, Grande Ossidazione o Grande Evento Ossidativo, avvenne circa 2.450 milioni di anni fa all'inizio del Sideriano, il primo periodo del Proterozoico.

Limulus - Fossile vivente - Contiene Video



Limulus polyphemus (precedentemente classificato come Limulus cyclops, Xiphosura americana, Polyphemus occidentalis, comunemente detto limulo), è un artropode chelicerato, unico rappresentante del genere Limulus.
Nonostante il suo nome comune in inglese (Atlantic horseshoe crab, cioè "granchio atlantico a ferro di cavallo"), derivante dall'aspetto corazzato e dalla forma particolare del corpo, è più strettamente imparentato con ragni, zecche e scorpioni che con i veri e propri granchi.I limuli si nutrono di molluschi, vermi anellidi ed altri organismi bentonici dei fondali marini.Il genere Limulus è fatto risalire al Triassico inferiore, ovvero a circa 210 milioni di anni fa, quando si è probabilmente evoluto dagli antichi eurypteridi (scorpioni di mare). Dalle testimonianze fossili si può evidenziare come esso non abbia subito evoluzioni nella sua struttura sin da allora, il che classifica i limuli come un esempio di fossile vivente.
Per saperne di più: Wikipedia

Il limulo (Limulus polyphemus) è davvero una creatura sorprendente: primordiale ma evoluto al tempo stesso, abita la Terra senza subire variazioni significative da circa 200 milioni di anni! Ad oggi sono conosciute quattro specie facenti parte della famiglia dei limulidi, e il Limulus polyphemus vive sulle coste atlantiche degli Stati Uniti. Nonostante in lingua inglese venga chiamato "horseshoe crab" ("granchio a ferro di cavallo") non è affatto un granchio. Il limulo condivide coi granchi il solo phylum (artropodi, un taxon ampissimo), poichè i granchi (infraordine Brachyura) appartengono al subphylum dei crostacei (Crustacea), mentre i limuli al subphylum dei chelicerati (Chelicerata), lo stesso a cui appartiene la classe degli aracnidi. E' quindi più corretto dire che i limuli sono geneticamente più affini a ragni e scorpioni. Si tratta di artropodi marini che vivono sui fondali sabbiosi fino a circa 200 metri di profondità, caratterizzati da un corpo suddiviso in tre parti: prosoma (o cefalotorace), opistosoma (addome) e telson (la coda). Il prosoma è costituito a sua volta da un carapace provvisto di sei paia di zampe e di occhi composti simili a quelli degli insetti (caso unico nel subphylum Chelicerata!). Scopriamo l'affascinante vita del limulo e le sue caratteristiche, per arrivare ai "raduni" durante i pleniluni primaverili dove avviene la deposizione delle uova. Una specie affascinante, preistorica ma altamente evoluta!

Limulo Fossile

lunedì 24 giugno 2019

Diatomite - Farina fossile

Diatomite

La farina fossile o Diatomite (o sabbia di diatomee o terra diatomacea o diatomite o kieselgur) è una roccia sedimentaria organogena silicea. Essa è il residuo fossile di microscopiche alghe della famiglia delle diatomee.
La composizione chimica vede una elevata percentuale di carbonato di calcio e diossido di silicio, dipendentemente dalla collocazione geografica e della storia geologica del suddetto residuo.


Utilizzi
Il suo alto potere imbibente ne permette un larghissimo uso in campo scientifico e tecnico; due importanti esempi sono nella produzione della dinamite e in particolari analisi di tipo cromatografico per le quali ne vengono usate varianti caratterizzate da minime dimensioni delle particelle ed elevata purezza in silicati.
Nei laboratori clinici viene utilizzata nel test di tromboplastina parziale attivata, per valutare la funzionalità di alcune componenti della cascata della coagulazione.
Viene usata anche in enologia durante la filtrazione come coadiuvante nonché come mezzo filtrante in diverse applicazioni (ad esempio per l'acqua potabile).
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.




Diatomaceous earth also known as D.E., diatomite, or kieselgur/kieselguhr, is a naturally occurring, soft, siliceous sedimentary rock that is easily crumbled into a fine white to off-white powder. It has a particle size ranging from less than 1 micrometre to more than 1 millimeter, but typically 10 to 200 micrometres. This powder has an abrasive feel, similar topumice powder, and is very light as a result of its high porosity. The typical chemical composition of oven-dried diatomaceous earth is 80 to 90% silica, with 2 to 4% alumina (attributed mostly to clay minerals) and 0.5 to 2% iron oxide.
Diatomaceous earth consists of fossilized remains of diatoms, a type of hard-shelled algae. It is used as a filtration aid, mild abrasive, mechanical insecticide, absorbent for liquids, matting agent for coatings, reinforcing filler in plastics and rubber, anti-block in plastic films, porous support for chemical catalysts, cat litter, activator in blood clotting studies, and a stabilizing component of dynamite. As it is heat-resistant, it can also be used as a thermal insulator.
Diatomite layers over clay and under sands. Diatomite is formed by the accumulation of diatoms, a single-celled organism with a silica structure. Diatomite signifies a quiet lake environment will little sediment input as it takes a long time for the diatoms to accumulate.
Diatomee

sabato 22 giugno 2019

La Linea Insubrica - Geologia dell'Italia

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La linea insubrica (detta anche linea periadriatica e, a seconda dei settori geografici, linea del Canavese,linea del Tonale, linea della Pusteria o linea del Gail, linea delle Giudicarie) è un'importante lineamento tettonico, formato da un sistema di faglie regionali collegate fra loro con orientamento prevalente est-ovest e giacitura subverticale, che separa geologicamente la catena principale delle Alpi Centrali dal dominio delle Alpi calcaree meridionali, che comprendono le Prealpi italiane e i massicci dolomitici. Prende il nome dall'Insubria, l'antica regione abitata dagli insubri.
Estensione della placca adriatrica. La placca adriatica o pugliese è una micro-placca tettonica che si è staccata dalla placca africana nel periodo Cretaceo. Il nome della placca adriatica è di solito utilizzato quando si fa riferimento alla parte settentrionale della placca africana. La pressione esercitata verso nord dalla placca adriatica sulla placca europea è alla base della formazione dell'arco alpino. Il limite occidentale della placca adriatica, si sposta attualmente di circa 40 mm all'anno verso est comportando un graduale restringimento del Mare Adriatico
Questa linea, ben riconoscibile sulle immagini satellitari, rappresenta, secondo il parere degli studiosi, una geosutura, ossia l'espressione sulla superficie terrestre dello scontro, inquadrato nel modello della tettonica a zolle, fra la placca europea e quella africana segnando quindi, attualmente il confine tra la placca eurasiatica e la placca adriatica. Durante il Giurassico l'oceano tetideo, allungato in direzione est-ovest, separava la placca africana da quella europea. Lo spostamento della placca africana verso nord, e quindi verso la placca europea, iniziato nel Cretaceo, originò la progressiva chiusura della Tetide, la subduzione del suo fondale oceanico e quindi la collisione delle croste continentali delle due grandi zolle. I sedimenti depositatisi sul margine continentale europeo furono coinvolti nella compressione, generando un prisma di accrezione formato da rocce deformate e quindi metamorfosate con intrusioni di batoliti granitici derivanti dalla fusione delle parti crostali in subduzione.
Nell'area alpina piemontese questa linea presenta in sua corrispondenza affioramenti di complessi ofiolitici. La linea separa nettamente due domini caratterizzati da due diverse evoluzioni paleogeografiche, nel periodo pre collisionale, con successive differenti risposte deformative e metamorfiche durante l'orogenesi alpina.

A sud di questa linea affiorano le sequenze sedimentarie permiane-mesozoiche depositatesi sul margine settentrionale della placca africana, attualmente deformate, con uno stile di tettonica fragile a sovrascorrimenti e faglie a vergenza meridionale. A nord della linea invece, le deformazioni metamorfiche di medio alto grado, interessanti i sedimenti permo-mesozoici e rocce metamorfiche erciniche, hanno raggiunto localmente l'anatessi e sono quindi affioranti sul terreno principalmente le rocce metamorfiche del dominio alpino interessate da estese strutture deformative organizzate in sovrapposte falde di ricoprimento.
Lungo il suo percorso, che si sviluppa per circa 1000 chilometri da ovest verso est, dal Canavese alle Alpi Carniche, si sono formate diverse vallate alpine quali la Valtellina, la parte più alta della valle Camonica, la val di Sole, la val Pusteria, la valle del Gail e la valle della Drava.

mercoledì 19 giugno 2019

Vento Solare, Eliopausa ed Eliosfera


Il vento solare è un flusso di particelle cariche emesso dall'alta atmosfera del Sole: esso è generato dall'espansione continua nello spazio interplanetario della corona solare. Questo flusso è principalmente composto da elettroni e protoni con energie normalmente compresi tra 1.5 e 10 keV. Il flusso di particelle mostra temperature e velocità variabili nel tempo e con andamenti legati al ciclo undecennale dell'attività solare. Queste particelle sfuggono alla gravità del Sole per le alte energie cinetiche in gioco e l'alta temperatura della corona che accelera le particelle, trasferendo loro ulteriore energia.
Il vento solare è un plasma tenuissimo, la cui componente di ioni è formata, normalmente, per il 95% da protoni ed elettroni (in proporzione circa uguale) e per il 5 % da particelle alfa (nuclei di elio) con tracce di nuclei di elementi più pesanti. Vicino alla Terra, la velocità del vento solare varia da 200 km/s a 900 km/s, mentre la sua densità varia da alcune unità a decine di particelle per centimetro cubo. La velocità del vento solare è nettamente superiore alla velocità di fuga di tutti i pianeti del sistema solare, essendo la più alta (quella di Giove) pari a soli 59.54 km/secondo: il moto prosegue in linea retta, non deviato dalle orbite dei pianeti. Pertanto, il vento solare impiega da 2 a circa 9 giorni per percorrere i 149.600.000 km che mediamente separano la Terra dal Sole.
Il Sole perde circa 800 milioni di kg di materiale al secondo eiettandolo sotto forma di vento solare (rispetto alla massa del Sole questa perdita è del tutto insignificante).
Taken by Hinode's Solar Optical Telescope on Jan. 12, 2007, this image of the sun reveals the filamentary nature of the plasma connecting regions of different magnetic polarity. Hinode captures these very dynamic pictures of the
L'eliopausa è il confine presso il quale il vento solare emesso dal nostro Sole è fermato dal mezzo interstellare.
Il vento solare crea una "bolla", eliosfera, nel mezzo interstellare (che è composto dal gas rarefatto di idrogeno ed elio che riempie la galassia). Il bordo più esterno di questa bolla è dove la forza del vento solare non è più sufficiente a spingere indietro il mezzo interstellare. Questo bordo è conosciuto come eliopausa, ed è spesso considerato come il confine esterno del sistema solare.
All'interno dell'eliopausa c'è un altro confine, chiamato "termination shock", dove le particelle del vento solare, fino ad allora supersoniche, vengono rallentate a velocità subsoniche.
La distanza dell'eliopausa varia dalle 80 alle 100 unità astronomiche. Probabilmente è molto più piccola sul lato del sistema solare che si trova "davanti" rispetto al moto orbitale del sistema solare nella galassia. Potrebbe anche variare a seconda della velocità del vento solare e a seconda della densità locale del mezzo interstellare. Si sa che è ben oltre l'orbita di Plutone.
La sonda spaziale Voyager 2, dopo aver terminato la sua esplorazione planetaria, si sta dirigendo verso l'esterno del sistema, mentre la sonda spaziale Voyager 1 vi è già entrata nel 2012. Grazie alle misurazioni di Voyager 1 abbiamo capito che i molteplici strati magnetici solari si sono intrecciati, creando bolle magnetiche che ci proteggono da raggi cosmici dannosi.

Tafoni - Forme erosive - Geomorfologia

Cavernous Weathering - Roccia Dell'Orso, "Bear Rock," is a large outcrop on Sardinia with deep tafoni, or large weathering cavities, sculpting.
Il tafone è una cavità nella roccia, di dimensioni abbastanza ridotte, presente soprattutto in rocce granulari come l'arenaria, con pareti lisce. I tafoni si possono trovare in ogni zona del mondo, ma sono particolarmente comuni nelle zone marittime, nelle zone aride e nei deserti. Ci sono molte spiegazioni a proposito dell'origine dei tafoni: erosione eolica (corrasione), erosione dovuta al sale, differenze nella coesione interna e nella permeabilità dell'arenaria, durata del periodo secco fra diversi periodi umidi. I tafoni di piccole dimensioni sono chiamati alveoli e l'erosione corrispettiva è anche detta alveolare.


Tafoni - Menlo Park, California

martedì 18 giugno 2019

Ambra, Elektron


Ambra con un insetto rimasto intrappolato
Ambra (in greco antico ἤλεκτρον, elektron) è un termine usato in passato come sinonimo di resina fossile e di resinite e questa ambiguità è stata fonte di fraintendimenti e confusione. In particolare, nella letteratura europea antica, il termine ambra è stato usato in senso molto restrittivo per identificare la "succinite", la varietà di ambra baltica più importante dal punto di vista gemmologico, ed ancora oggi questa accezione è molto comune, probabilmente per l'importanza commerciale che questa varietà di ambra ha rivestito nella storia europea.

Nella comunità scientifica oggi, per ambra si intende una qualsiasi resina fossile, e le sue varietà vengono identificate secondo la provenienza geografica.

Ambra del Baltico
L'ambra è emessa dalle conifere sotto forma di resina, che successivamente con il tempo si fossilizza ed in alcuni casi si solidifica conservando resti vegetali, fungini o animali tra cui artropodi ma anche, molto più raramente, vertebrati. Essa è traslucida, di un colore che può variare dal giallo al rossiccio al bruno fino ad arrivare al verde. Può contenere insetti rimasti intrappolati al momento della sua formazione. Attualmente si raccoglie comunemente in Polonia, Lituania, Lettonia, Russia, Danimarca, Germania e Svezia. La sua lavorazione è molto diffusa nei paesi che si affacciano al mar Baltico quali: Polonia, Lituania, Lettonia, Germania e Svezia. L'ambra viene impiegata nella produzione di impugnature di bastoni, collane, orecchini, braccialetti, anelli, bocchini per sigarette e cannelli di pipe.
Ambra blu della Dominica
L'ambra fossile è stata ritrovata anche in sedimenti di età carbonifera, periodo geologico antecedente la comparsa delle angiosperme. Questa ambra presenta caratteristiche chimiche simili alle ambre più recenti, indicando che i meccanismi biologici in grado di produrre queste resine erano già presenti antecedentemente l'evoluzione delle angiosperme.

L'ambra presenta la proprietà di elettrizzarsi per strofinio. In effetti, l'elettricità ha preso il nome dal termine greco che la indica (Hλεκτρον,Elektron). La maggiore importanza scientifica dell'ambra è dovuta però agli inclusi ivi contenuti. Infatti, le goccioline di resina, cadendo su insetti ed altri animali di piccole dimensioni, potevano inglobarli completamente, soffocandoli e conservandoli pressoché intatti per milioni di anni.
per saperne di più: Wikipedia

I Giganti Gassosi

La struttura interna dei quattro giganti gassosi del sistema solare
Gigante gassoso (denominato anche pianeta gioviano) è un termine astronomico generico, inventato dallo scrittore di fantascienza James Blish e ormai entrato nell'uso comune, per descrivere un grosso pianeta che non sia composto prevalentemente da roccia. I giganti gassosi, in realtà, possono avere un nucleo roccioso, ed effettivamente si sospetta che un tale nucleo sia necessario per la loro formazione. La maggior parte della loro massa è tuttavia presente sotto forma di gas (oppure gas compresso in uno stato liquido). A differenza dei pianeti rocciosi, i giganti gassosi non hanno una superficie ben definita.
Sono solitamente definiti giganti gassosi i pianeti con massa superiore alle 10 masse terrestri.
I quattro giganti gassosi del sistema solare, in un fotomontaggio che ne rispetta le dimensioni ma non le distanze; dal basso verso l'alto,Giove, Saturno, Urano e Nettuno.
Un oggetto con massa superiore a 70 volte quella di Giove (cioè 0,08 volte la massa del Sole) ha calore e pressione tali al suo interno per poter innescare una reazione di fusione nucleare, che trasforma il corpo celeste in una piccola stella. Ci sono poi oggetti di massa minore ma grandi abbastanza per poter innescare la fusione del deuterio, ma non sono considerati pianeti ma nane brune. È stato assunto un limite di 13 masse gioviane oltre il quale un corpo non è più definito pianeta ma nana bruna. Non si tratta di un limite dal preciso significato fisico ma di una convenzione adottata dall'Unione astronomica internazionale, in quanto oggetti di grandi dimensioni bruceranno la maggior parte del loro deuterio e quelli più piccoli ne bruceranno solo una piccola parte. La quantità di deuterio bruciato dipende non solo dalla massa ma anche dalla composizione del pianeta, in particolare dalla quantità di elio e deuterio presenti. L'Enciclopedia dei Pianeti Extrasolari ad esempio comprende oggetti fino a 25 masse gioviane, e la Exoplanet Data Explorer fino a 24 masse gioviane.
Per saperne di più: Wikipedia

sabato 15 giugno 2019

Erosione idrica del suolo

Tipi di erosione idrica del suolo


Erosione da impatto (splash erosion)
. L’innesco del processo avviene per azione delle acque di precipitazione: le gocce di pioggia, nel loro impatto con la superficie non protetta del suolo, provocano il distacco delle particelle che lo costituiscono; lanciate in aria, queste ricadono a qualche centimetro di distanza dal punto di impatto.


Erosione laminare (sheet erosion). Le acque meteoriche che non si infiltrano nel terreno tendono, soprattutto se questo possiede un minimo di pendenza, a scorrere sui versanti soggette alla forza di gravità. Questo ruscellamento superficiale (overland flow) consiste in una sottile lama d’acqua che provoca una erosione areale sul versante.


Erosione per rigagnoli o per rivoli) (rill erosion). L’aumento della quantità o dell’intensità della pioggia, oppure il progressivo arricchimento delle acque di ruscellamento dalla sommità verso la base dei versanti, determinano un incremento via via crescente della portata e della velocità, quindi del potere erosivo delle acque. Queste via via si concentrano entro linee sub-parallele di scorrimento preferenziale (ruscellamento concentrato), formando dei rigagnoli o rivoli che tendono sempre più ad approfondirsi.


Erosione per fossi (gully erosion). Il progressivo approfondimento dei rivoli produce una incisione a solchi che, una volta innescata, si evolve rapidamente, approfondendosi, allungandosi e ramificandosi, con un progressivo arretramento delle testate delle incisioni. L’erosione da impatto e l’erosione laminare vengono comunemente accomunate con il termine più generale di erosione areale, mentre per erosione lineare si intende l’erosione per rigagnoli e quella per fossi.

La Labradorite - Minerali

La labradorite è un minerale della famiglia dei feldspati plagioclasi con un ratio di albite/anortite che varia da 30/70 a 50/50. Con formula chimica (Na, Ca)(Al, Si)4O8 con tracce: Fe;K;H2O.


Nelle sue forme e colorazioni migliori è utilizzato in gioielleria, questi pezzi hanno la particolarità di possedere un gioco di colori dal riflesso metallico normalmente varianti tra il blu e il verde, ma nei pezzi migliori può mostrare tutto lo spettro dei colori.



mercoledì 12 giugno 2019

Rocce - Peridotite e Dunite

Peridotite
Le peridotiti sono rocce ultrafemiche caratteristiche del mantello superiore, costituite essenzialmente da peridoto (almeno 40% in volume), clinopirosseno e ortopirosseno. Oltre a queste 3 fasi principali può presentarsi una fase accessoria di allumina, variabile in base alla pressione; a bassa pressione (P< 1GPa) è presente plagioclasio, a pressioni intermedie (1GPa <P<2,5 GPa) uno spinello alluminifero con Fe e Cr, e ad alte pressioni (P> 2,5 GPa) un granato ricco di piropo.

La fusione parziale delle peridotiti produce un magma basaltico in corrispondenza delle dorsali oceaniche. Non risulta particolarmente comune trovare peridotiti "fresche",ossia con i minerali inalterati; infatti il cambiamento progressivo delle condizioni al contorno (pressione e temperatura) e specialmente l'interazione con fluidi acquosi circolanti fa sì che buona parte della paragenesi metamorfizzi a dare clorite, serpentino, anfibolo ed altri minerali idrati e/o di alterazione.
Dunite
La dunite è una roccia magmatica intrusiva di tipo ultrafemico. È costituita da oltre il 90% di olivina, con piccole quantità di spinello cromifero, magnetite, ilmenite. Fa parte della famiglia delle peridotiti.
Il nome dunite deriva dal nome dei monti Dun, presso Nelson, nella parte settentrionale dell'Isola del Sud della Nuova Zelanda, dove venne scoperta dal geologo austriaco Ferdinand von Hochstetter nel 1859.

Il Quarzo Citrino: la Pietra dei Mercanti

Drusa di quarzo citrino
Il significato del nome citrino deriva dalla parola greca “citron”, ossia cedro: il colore del minerale richiama appunto questi agrumi.

Questo cristallo è trovato in moltissimi posti, tra cui la Francia, la Gran Bretagna, la Russia, il Madagascar, la Birmania, la Spagna, gli Stati Uniti e il Brasile. Il colore varia a seconda della provenienza e dell’eventuale trattamento termico. Se si tratta di cristallo autentico, può variare dal giallopallido a intense tonalità color miele.
Il quarzo citrino era conosciuto ed apprezzato già ai tempi dell’antica Grecia. Era, infatti, una gemma popolare che nei secoli a venire avrebbero incominciato ad utilizzare anche i Romani e a lavorarla come pietra preziosa.



In ogni caso, il quarzo citrino aveva una grossa importanza a tal punto da essere indicato come la materializzazione del sole. Anche nel Medioevo esso ha conosciuto uno sviluppo degno di nota. In questo periodo veniva impiegato come amuleto, doveva aiutare ad accumulare ricchezza e favorire il buon esito di un affare.
Come tutte le pietre che legano la loro preziosità alla trasparenza, anche in questo caso la determinazione del costo è data dalla limpidezza del minerale e dal numero di eventuali inclusioni. Ha tutte le caratteristiche fisiche del quarzo, pertanto è una pietra dura e molto resistente. Il citrino viene associata al 13° anniversario.
Perline sfaccettate di quarzo citrino
È credenza popolare che il citrino sia una pietra "del successo" perché sembra aiuti a promuovere quello personale e l'abbondanza, soprattutto nel mondo degli affari e del commercio. Per lo zodiaco potrebbe essere la pietra dei segni: leone, scorpione, sagittario, pesci . Sarebbe anche la pietra del mese dei nati a novembre.

lunedì 10 giugno 2019

Flysch, Torbiditi, Depositi flyschoidi

Voce dialettale della svizzera tedesca: “terreno che scivola”.
These are nearly vertical, alternating Eocene limestone, marl and sandy turbidite beds represent the Zumaya Section on Itzurun Beach on the Playa de San Telmo, Zumaia (Zumaya), Guipuzkoa, Basque Country, Spain (42˚18.00'N/2˚15.30'W). The beds are between 20mm and 200mm thick.


Dal punto di vista litologico, flysch indica una successione continuamente ripetuta di due o più tipi litologici, come arenarie, silt e argilliti, oppure arenarie e marne, o ancora calcari e argille e così via, con spessori totali anche di migliaia di metri.
Flysch di Zumaya - Spagna
Queste tipiche alternanze si formano spesso per un fenomeno di risedimentazione, che si verifica quando sedimenti come sabbie e argille, già accumulatisi al largo di una costa, vengono rimessi in movimento e scendono lungo un pendio sottomarino, fino a raggiungere il fondo pianeggiante di una piana abissale. 
Flysch di Gorgoglione - Miocene medio-inf. Italy
Il Flysch di Gorgoglione è una formazione torbiditica risalente al Miocene medio-inferiore, ovvero a circa 16 milioni di anni fa, che affiora tra Gorgoglione e Cirigliano sino a formare lo spettacolare rilievo delle Dolomiti Lucane tra gli abitati di Castelmezzano e Pietrapertosa. Litologicamente, il Flysch di Gorgoglione consiste di alternanze di arenarie e argille leggermente marnose, formatesi tramite meccanismi deposizionali di tipo gravitativo, chiamati "correnti di torbida", innescati da frane sottomarine, tempeste e terremoti.
In realtà, quella che si muove è una massa d’acqua con una densa sospensione di detriti che prende il nome di corrente di torbida; quando tale corrente arriva alla fine del pendio, perde energia e il materiale in sospensione si decanta: per prima si deposita la sabbia più grossolana, poi via via si depositano i detriti più sottili, fino alle argille: si origina così un banco di sedimenti di qualche metro.
Il ripetersi nel tempo delle correnti di torbida porta all’accumulo uno sull’altro di migliaia di banchi: questi depositi vengono chiamati torbiditi.

 

I Pianeti Nani del Sistema Solare


Plutone fotografato dalla sonda New Horizons il 14 luglio 2015
Un pianeta nano è un corpo celeste di tipo planetario orbitante attorno a una stella e caratterizzato da una massa sufficiente a conferirgli una forma quasi sferica, ma che non è stato in grado di "ripulire" la propria fascia orbitale da altri oggetti di dimensioni confrontabili: per quest'ultima caratteristica non rientra nella denominazione di pianeta.

Nonostante il nome, un pianeta nano non è necessariamente più piccolo di un pianeta. In teoria non vi è limite alle dimensioni dei pianeti nani. Si osservi inoltre che la classe dei pianeti è distinta da quella dei pianeti nani, e non comprende quest'ultima.

I 12 corpi indicati come potenziali pianeti secondo la prima bozza di proposta dell'UAI. Da notare che i primi due, Haumea e Makemake, sono stati in seguito identificati come pianeti nani.
Il termine pianeta nano è stato introdotto ufficialmente nella nomenclatura astronomica il 24 agosto 2006 da un'assemblea dell'Unione Astronomica Internazionale, fra molte discussioni e polemiche. Tra le altre cose, si è fatto notare che il termine è fuorviante e che i criteri non sono oggettivi (nessun corpo può ripulire completamente la propria fascia orbitale, né esiste una soglia obiettiva su quando un corpo è sferoidale o no). Tuttavia, la necessità di creare questa classe di oggetti per distinguerla dai pianeti tradizionali esisteva, ed è probabile che il nome resti.

L'11 giugno 2008 il Comitato esecutivo dell'Unione Astronomica Internazionale riunitosi a Oslo ha assegnato il nome plutoidi alla classe dei pianeti nani transnettuniani, stabilendo al contempo un requisito preliminare per valutare il raggiungimento dell'equilibrio idrostatico, con l'intenzione di favorire l'assegnazione dei nomi dei candidati plutoidi. L'UAI ha stabilito che un corpo celeste transnettuniano che possiede una magnitudine assoluta superiore a H = +1 può essere ragionevolmente classificato tra i plutoidi e quindi tra i pianeti nani.

L'UAI riconosce cinque pianeti nani: Cerere, Plutone, Haumea, Makemake ed Eris.
di più: Pianeta nano

La Placca Africana


La placca africana è una delle 12 grandi placche (o zolle) in cui è diviso il globo terracqueo. Analogamente a quasi tutte le placche maggiori, comprende sia sezioni di crosta continentale che di crosta oceanica, concentrate nelle zone immediatamente adiacenti alle grandi dorsali che segnano i suoi confini.

I suoi confini geologici sono: a nord, con la placca euroasiatica, lungo un margine convergente che corre dalle coste mediterrane e mediorientali all'oceano Atlantico (un migliaio di chilometri al largo delle coste portoghesi, in corrispondenza della dorsale medioatlantica;
a nordovest, per un breve tratto, la suddetta dorsale medioatlantica segna il confine con la placca nordamericana;
ad ovest, sempre lungo il margine divergente della dorsale medioatlantica, tagliato da numerose zone di frattura, la placca africana confina con quella sudamericana;
a sud, con la vasta placca antartica, dalla quale la separano i margini divergenti segnati dalle dorsaliatlantico-indiana (prosecuzione a sudest della dorsale medioatlantica) e indiano-sudoccidentale, separate dalla frattura del Mozambico;
ad est, con la placca indo-australiana (a volte considerata come divisa fra placca indiana e placca australiana), lungo un margine divergente che corre lungo la dorsale medio-indiana, prosecuzione settentrionale della succitata dorsale indiano-sudoccidentale;
a nordest, con la placca arabica, segnata dal margine divergente corrispondente al mar Rosso, lungo il quale le due placche si stanno allontanando.


La placca africana, nella sua parte continentale, coincide quasi esattamente con l'Africa (compreso il Madagascar); si tratta per la quasi totalità di zone antiche, molto stabili (scudo africano), con aree piuttosto limitate di terreni paleozoici e cenozoico-mesozoici; lungo buona parte del lato orientale del continente corre una lunghissima fossa tettonica continentale (la cosiddetta Rift Valley), che divide la placca africana in due sottoplacche, la Nubiana ad ovest e la somala ad est, mutuamente allontanantisi. In tempi geologici, è possibile che le due sezioni della placca africana e la placca arabica si allontanino a sufficienza da permettere alle acque dell'oceano Indiano di sommergere l'area rendendo così l'attuale Corno d'Africa un'isola, in un processo simile a quello che circa 200 milioni di anni fa vide nascere l'attuale oceano Atlantico.
Elenco delle Placche Tettoniche

Ghiacciai di Sale - Iran's Salt Glaciers

Image courtesy NASA/GSFC/MITI/ERSDAC/JAROS, and U.S./Japan ASTER Science Team
In southern Iran, the collision between the Asian landmass and the Arabian platform has folded rocks and pushed up the rugged Zagros Mountains. In places, underlying deposits of salt have ascended in fluid-like plumes. Some of these plumes have pushed through the rock above, like toothpaste from a tube, and they are now visible as darkish irregular patches. This image shows a few of over 200 similar features—called diapirs, or salt plugs—that are scattered about this part of the Zagros Mountains. Gravity has caused the salt to flow like glaciers into adjacent valleys. The resulting tongue-shaped bodies are more than 5 kilometers long, with repeating bow-shaped ridges separated by crevasse-like gullies and with steep sides and fronts. The darker tones are due to clays brought up with the salt, as well as the probable accumulation of airborne dust. This ASTER perspective view was created by draping a band 3-2-1 (RGB) image over an ASTER-derived Digital Elevation Model (2x vertical exaggeration), and was acquired on August 10, 2001.
Nei Monti Zagros (Iran) ci sono dei veri e propri "ghiacciai di sale". Queste masse di salgemma scivolano lungo i fianchi dei rilievi montuosi proprio come se fossero ghiaccio. Questo avviene grazie al fenomeno del diapirismo.

Jashk Salt Dome in Bushehr, south Iran
Salt Castles, Kuh-e-Namak, Bushehr, Iran
Salt Dome in Bushehr, south Iran
Salt Dome in Bushehr, south Iran

domenica 9 giugno 2019

Occhio di Tigre - Tiger's eye - Gemmologia


L’Occhio di Tigre è una varietà di quarzo caratterizzata dalla presenza di fitte fibre di crocidolite, responsabili della colorazione dorata e dei riflessi luminosi che lo fanno assomigliare agli occhi delle tigri.


Il suo colore più comune è il nero-bruno, sfumato con effetti cangianti grazie a riflessi iridescenti, proprietà ottica definita “gatteggiamento“. La maggior parte di queste pietre provengono dal Sud Africa, ma si trovano anche in Brasile, India, Birmania, Australia e Stati Uniti.
I soldati romani portavano in battaglia un Occhio di Tigre sul quale erano scolpiti simboli portafortuna. Nel Medioevo era usato come pietra protettiva contro i sortilegi e i demoni e per attrarre la ricchezza. Permette di difendersi da situazioni opprimenti e da persone che tendono al controllo e a invadere lo spazio degli altri. Dona equilibrio emotivo, riduce l’ansia e gli effetti dello stress.
E’ la pietra del giudizio: permette di fare chiarezza nelle proprie idee e di gestire le situazioni più critiche con saggezza e senza esitare.


Esalta lo spirito d’iniziativa ed è particolarmente indicata per le persone dispersive, incoerenti e incapaci di tradurre la volontà in azione. Regolarizza e riscalda l’organismo, è indicata per gli organi dell’addome e le affezioni all’apparato respiratorio.
Alcuni antichi testi riportano che gli Arabi e i Greci veneravano l'occhio di tigre come pietra che rallegrasse chi lo indossava e aumentasse la sua prontezza. E’ una pietra che viene considerata come un simbolo maschile.
Durezza: 8,5 della Scala di Mohs.

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