martedì 23 giugno 2020

lunedì 15 giugno 2020

Chimica - L'Ossido di etilene

C2H4O - Ossido di Etilene - Modello Molecolare - In nero il C, in rosso l'O e in bianco l'H
L'ossido di etilene (o ossirano) C2H4O è il più semplice composto eterociclico contenente ossigeno, e più specificatamente è il più semplice degli epossidi (eteri ciclici in cui l'ossigeno è uno degli atomi di un anello a tre termini).
Ossido di Etilene - Formula di struttura - C2H4O
A temperatura e pressione ambiente è un gas incolore dall'odore dolciastro, estremamente infiammabile, esplosivo se mescolato all'aria.
È utilizzato dall'industria chimica per la produzione di numerosi materiali.
Per saperne di più: Wikipedia

Chimica - Il Cicloesano - Cicloalcano - Idrocarburi



Il cicloesano C6H12 è un cicloalcano (CnH2n), ossia un idrocarburo privo di doppi e tripli legami C-C il cui scheletro di atomi di carbonio è chiuso ad anello, per l'esattezza un anello composto da sei atomi di carbonio, ciascuno dei quali lega a sé due atomi di idrogeno e due di carbonio. A temperatura ambiente è un liquido incolore dal lieve odore tipico degli idrocarburi. È infiammabile e nocivo per inalazione e contatto con la pelle.

Benché per comodità sia rappresentata da un esagono regolare, la molecola del cicloesano non è planare, dal momento che gli atomi di carbonio hanno ibridazione sp3, tetraedrica in cui l'angolo tra due legami è di 109,5°. La molecola del cicloesano tende pertanto ad assumere una forma piegata detta a sedia, individuata da Odd Hassel, che per questa ricerca ricevette un Premio Nobel per la chimica.

domenica 14 giugno 2020

Atmosfera - Atlante delle Nuvole. Infografica HD scaricabile.

Clicca per Ingrandire - Tasto destro del mouse per scaricare - by Antonio Ciccolella 2015

Chimica - La Stibnite (Sb2S3) - Antimonite

La stibnite Sb2S3 è un minerale, un solfuro di antimonio. Sono suoi sinonimi antimonite e stibina.
Il nome stibnite deriva da stibio, voce desueta per antimonio, e (antimo)nite. Il nome stibina deriva dal greco στίβι = nero-antimonio, conosciuto già nell'antichità. Il nome antimonite deriva forse dall'arabo 'utmud.
(Fonte Wikipedia.it)

Cristallizza in prismi allungati, striati longitudinalmente, talvolta ricurvi, fibrosi, aciculari; esistono anche geminati. I cristalli di Ichinokawa, nell'isola di Shikoku, in Giappone sono eccezionalmente grandi: alcuni esemplari raggiungono i 50 cm.
L'origine è prevalentemente idrotermale. Ha paragenesi con orpimento, realgar, oro, berthierite, jamesonite, cinabro e arsenopirite.
Harvard Museum of Natural History. Stibnite. (Iyo) Ehime, Shikoku, Japan (DerHexer) 2012-07-20
DerHexer, Wikimedia Commons - Opera propria
I piani di sfaldatura hanno una forte lucentezza metallica. I cristalli sono abbastanza flessibili. La colorazione superficiale del minerale è blu scura.

È solubile in HNO3 e HCl caldo; fonde facilmente al cannello. Dà origine ad una patina bianca su carbone in fiamma ossidante; annerisce in KOH.

Ad Harz e Wolfsberg, in Germania; a Milešov in Repubblica Ceca e Kremnica, in Slovacchia; belle druse sono state trovate a Baia Sprie, in Romania; in varie località dell'ex-URSS; a Gebel Hamimat, in Algeria; aIchinokawa, nell'isola di Shikoku, in Giappone il cui giacimento è esaurito; i maggiori depositi al mondo sono quelli dello Hunan e dello Kwantung in Cina, dove è associato al cinabro.

In Italia un modesto giacimento è a San Bartolomeo Val Cavargna, in provincia di Como; a Viarago, nel comune di Pergine, in Trentino; in una miniera di Renon, in provincia di Bolzano si trovavano cristalli lunghi fino a 2 cm; cristalli aghiformi sono rarissimi nell'arenaria di Calafuria, a Livorno; molto belli i cristalli delle Cetine di Cotorniano, presso Sovicille, in provincia di Siena e infine a Scansano e a Monticiano, in provincia di Grosseto. I giacimenti più importanti si trovano nella zona di Manciano (provincia di Grosseto)ove molteplici miniere (Tafone, Poggio Fuoco, Montauto, Macchia Casella.) sono state sfruttate fino alla metà degli anni '90. Attualmente è in fase di esplorazione mineraria da parte di società estere un'estesa fascia di territorio di questo comune alla ricerca di residui giacimenti di stibnite da sfruttare in un prossimo futuro.
Harvard Museum of Natural History. Stibnite. (Iyo) Ehime, Shikoku, Japan (DerHexer) 2012-07-20
DerHexer, Wikimedia Commons - Opera propria
I giapponesi usavano i cristalli enormi di Ichinokawa come tutori per i fiori, o per piccoli recinti intorno ai giardini. Al giorno d'oggi, ha un ruolo importante in molte leghe metalliche, nelle batterie elettriche, in pirotecnia, nell'industria sanitaria, tessile, della gomma e del vetro. Nel Medioevo era utilizzata per la fabbricazione di cosmetici e medicamenti.

Una curiosa leggenda è legata al nome antimonite. Secondo alcuni il termine deriverebbe da anti-monaco; pare infatti che nel primo Medioevo ci fossero alcuni frati che avessero confezionato delle posate con l'antimonio. Essi, dopo mangiato, si sentivano molto male senza capire il perché di tali disturbi, fino a quando un medico non li mise in guardia contro una proprietà dell'antimonio: quella di essere emetico, cioè una sostanza che favorisce il vomito. Da allora venne chiamato antimonio proprio perché aveva danneggiato quei frati per molti mesi.

Biosfera - I Denti dello Squalo

La caratteristica dentatura dello squalo è pur'essa costituita da dentelli come quelli che costituiscono la pelle, ma più specializzati ed ancorati mediante tessuto connettivo. I denti, essendo sottoposti a forte usura vengono costantemente sostituiti. L'arco dentario è infatti costituito da tre o quattro file di denti che avanzano e si dispongono all'utilizzo via via che l'animale ne abbisogna. Di conseguenza alcuni squali possono arrivare a perdere e sostituire ben 30.000 denti nella loro vita. Tutti gli squali posseggono queste file multiple di denti lungo le sommità delle mascelle superiore ed inferiore. Denti nuovi crescono continuamente in una fossetta subito dentro la bocca e si spostano dall'interno verso l'esterno su di una sorta di nastro trasportatore formato dalla pelle dove i denti stessi sono ancorati. In alcune specie di squalo le file si rinnovano ogni 10 giorni, in altre possono durare diversi mesi prima di essere sostituite. Le file inferiori sono usate principalmente per trattenere la preda, mentre le superiori effettuano il vero e proprio taglio. Proprio la dentatura dello squalo evidenzia le sue abitudini alimentari. La forma e la disposizione dei denti indicano infatti quale preda visita più spesso le mandibole del predatore. Denti aguzzi e fitti, come quelli dello squalo toro (Carcharias taurus), sono specializzati nella cattura di pesci di piccola dimensione; quelli tozzi e larghi, ad esempio quelli che si trovano nelle fauci dello squalo tigre (Galeocerdo cuvier), sono invece idonei alla consumazione dei crostacei più coriacei.
Dente di C. megalodon (AGASSIZ, 1843) rinvenuto nel deserto di Atacama (Miocene)

Size comparison of Carcharodon carcharias (Great White Shark, 6m), Rhincodon typus (Whale Shark, 12m) and conservative/maximum estimates of the largest known adult size of Carcharodon megalodon (16-20m), with a human Homo sapiens.

venerdì 12 giugno 2020

Astronomia - Vento Solare, Eliopausa ed Eliosfera


Il vento solare è un flusso di particelle cariche emesso dall'alta atmosfera del Sole: esso è generato dall'espansione continua nello spazio interplanetario della corona solare. Questo flusso è principalmente composto da elettroni e protoni con energie normalmente compresi tra 1.5 e 10 keV. Il flusso di particelle mostra temperature e velocità variabili nel tempo e con andamenti legati al ciclo undecennale dell'attività solare. Queste particelle sfuggono alla gravità del Sole per le alte energie cinetiche in gioco e l'alta temperatura della corona che accelera le particelle, trasferendo loro ulteriore energia.
Il vento solare è un plasma tenuissimo, la cui componente di ioni è formata, normalmente, per il 95% da protoni ed elettroni (in proporzione circa uguale) e per il 5 % da particelle alfa (nuclei di elio) con tracce di nuclei di elementi più pesanti. Vicino alla Terra, la velocità del vento solare varia da 200 km/s a 900 km/s, mentre la sua densità varia da alcune unità a decine di particelle per centimetro cubo. La velocità del vento solare è nettamente superiore alla velocità di fuga di tutti i pianeti del sistema solare, essendo la più alta (quella di Giove) pari a soli 59.54 km/secondo: il moto prosegue in linea retta, non deviato dalle orbite dei pianeti. Pertanto, il vento solare impiega da 2 a circa 9 giorni per percorrere i 149.600.000 km che mediamente separano la Terra dal Sole.
Il Sole perde circa 800 milioni di kg di materiale al secondo eiettandolo sotto forma di vento solare (rispetto alla massa del Sole questa perdita è del tutto insignificante).
Taken by Hinode's Solar Optical Telescope on Jan. 12, 2007, this image of the sun reveals the filamentary nature of the plasma connecting regions of different magnetic polarity. Hinode captures these very dynamic pictures of the
L'eliopausa è il confine presso il quale il vento solare emesso dal nostro Sole è fermato dal mezzo interstellare.
Il vento solare crea una "bolla", eliosfera, nel mezzo interstellare (che è composto dal gas rarefatto di idrogeno ed elio che riempie la galassia). Il bordo più esterno di questa bolla è dove la forza del vento solare non è più sufficiente a spingere indietro il mezzo interstellare. Questo bordo è conosciuto come eliopausa, ed è spesso considerato come il confine esterno del sistema solare.
All'interno dell'eliopausa c'è un altro confine, chiamato "termination shock", dove le particelle del vento solare, fino ad allora supersoniche, vengono rallentate a velocità subsoniche.
La distanza dell'eliopausa varia dalle 80 alle 100 unità astronomiche. Probabilmente è molto più piccola sul lato del sistema solare che si trova "davanti" rispetto al moto orbitale del sistema solare nella galassia. Potrebbe anche variare a seconda della velocità del vento solare e a seconda della densità locale del mezzo interstellare. Si sa che è ben oltre l'orbita di Plutone.
La sonda spaziale Voyager 2, dopo aver terminato la sua esplorazione planetaria, si sta dirigendo verso l'esterno del sistema, mentre la sonda spaziale Voyager 1 vi è già entrata nel 2012. Grazie alle misurazioni di Voyager 1 abbiamo capito che i molteplici strati magnetici solari si sono intrecciati, creando bolle magnetiche che ci proteggono da raggi cosmici dannosi.

mercoledì 10 giugno 2020

Astronomia - Le Stelle

A parte il Sole, le stelle sono così lontane da essere visibili solo come punti di luce, nonostante il loro diametro possa essere di milioni di chilometri.
Una stella è un corpo celeste che brilla di luce propria. In astronomia e astrofisica il termine indica uno sferoide luminoso di plasma che genera energia nel proprio nucleo attraverso processi di fusione nucleare; tale energia è irradiata nello spazio sotto forma di radiazione elettromagnetica, flusso di particelle elementari (vento stellare) e neutrini. Buona parte degli elementi chimici più pesanti dell'idrogeno e dell'elio (i più abbondanti nell'Universo) vengono sintetizzati nei nuclei delle stelle tramite il processo di nucleosintesi.
La stella più vicina alla Terra è il Sole, sorgente di gran parte dell'energia del nostro pianeta. Le altre stelle, ad eccezione di alcune supernovae, sono visibili solamente durante la notte come dei puntini luminosi, che appaiono tremolanti a causa degli effetti distorsivi (seeing) operati dall'atmosfera terrestre.
Il Sole ripreso in falsi colori dal Solar Dynamics Observatory della NASA nella banda dell'ultravioletto.
Le stelle sono oggetti dotati di una massa considerevole, compresa tra 0,08 e 150–200 masse solari (M). Gli oggetti con una massa inferiore a 0,08 M sono detti nane brune, corpi a metà strada tra stelle e pianeti che non producono energia tramite la fusione nucleare, mentre non sembrano esistere, almeno apparentemente, stelle di massa superiore a 200 M, per via del limite di EddingtonSono variabili anche le dimensioni, comprese tra i pochi km delle stelle degeneri e i miliardi di km delle supergiganti e ipergiganti, e le luminosità, comprese tra 10−4 e 106 - 107 luminosità solari (L).
Le stelle si presentano, oltre che singolarmente, anche in sistemi costituiti da due (stelle binarie) o più componenti (sistemi multipli), legate dalla forza di gravità. Un buon numero di stelle convive in associazioni oammassi stellari (suddivisi in aperti e globulari), a loro volta raggruppati, insieme a stelle singole e nubi di gas e polveri, in addensamenti ancora più estesi, che prendono il nome di galassie. Numerose stelle possiedono inoltre uno stuolo più o meno ampio di pianeti.
Immagine agli infrarossi della Nebulosa Aquila ripresa dal Telescopio Spaziale Spitzer. Il colore verde rappresenta le nubi di polveri fredde, inclusi i Pilastri della Creazione; il colore rosso rivela le polveri surriscaldate, forse dall'esplosione in supernova di una stella molto massiccia, la cui luce sarebbe giunta a noi in un tempo non determinato degli ultimi due millenni. Nelle aree centrali in verde sono presenti delle macchie rossastre coincidenti con delle stelle in formazione ancora avvolte nelle nubi.
Per saperne di più inizia da qui: Wikipedia

Chimica - Modello 3D - Acetone (C3H6O)

Acetone - modello molecolare. Grigio Carbonio, Bianco Idrogeno, Rosso Ossigeno
L'acetone (anche chiamato dimetilchetone, propanone e beta-chetopropano) è il chetone più semplice esistente.
Acetone, formula di struttura
La sua formula chimica è CH3-CO-CH3. L'atomo di carbonio cui è legato l'atomo di ossigeno ha ibridazione sp2 ed è pertanto al centro di un triangolo grosso modo equilatero ai cui vertici stanno l'atomo di ossigeno e gli altri due atomi di carbonio.
Una bottiglia in vetro ambrato di acetone, di uso comune in un laboratorio chimico.
L'acetone è un liquido incolore e infiammabile con un odore caratteristico (fruttato); è miscibile con acqua, etanolo ed etere e trova principalmente impiego come solvente.

Astronomia - I Pianeti Giganti Gassosi

La struttura interna dei quattro giganti gassosi del sistema solare
Gigante gassoso (denominato anche pianeta gioviano) è un termine astronomico generico, inventato dallo scrittore di fantascienza James Blish e ormai entrato nell'uso comune, per descrivere un grosso pianeta che non sia composto prevalentemente da roccia. I giganti gassosi, in realtà, possono avere un nucleo roccioso, ed effettivamente si sospetta che un tale nucleo sia necessario per la loro formazione. La maggior parte della loro massa è tuttavia presente sotto forma di gas (oppure gas compresso in uno stato liquido). A differenza dei pianeti rocciosi, i giganti gassosi non hanno una superficie ben definita.
Sono solitamente definiti giganti gassosi i pianeti con massa superiore alle 10 masse terrestri.
I quattro giganti gassosi del sistema solare, in un fotomontaggio che ne rispetta le dimensioni ma non le distanze; dal basso verso l'alto,Giove, Saturno, Urano e Nettuno.
Un oggetto con massa superiore a 70 volte quella di Giove (cioè 0,08 volte la massa del Sole) ha calore e pressione tali al suo interno per poter innescare una reazione di fusione nucleare, che trasforma il corpo celeste in una piccola stella. Ci sono poi oggetti di massa minore ma grandi abbastanza per poter innescare la fusione del deuterio, ma non sono considerati pianeti ma nane brune. È stato assunto un limite di 13 masse gioviane oltre il quale un corpo non è più definito pianeta ma nana bruna. Non si tratta di un limite dal preciso significato fisico ma di una convenzione adottata dall'Unione astronomica internazionale, in quanto oggetti di grandi dimensioni bruceranno la maggior parte del loro deuterio e quelli più piccoli ne bruceranno solo una piccola parte. La quantità di deuterio bruciato dipende non solo dalla massa ma anche dalla composizione del pianeta, in particolare dalla quantità di elio e deuterio presenti. L'Enciclopedia dei Pianeti Extrasolari ad esempio comprende oggetti fino a 25 masse gioviane, e la Exoplanet Data Explorer fino a 24 masse gioviane.
Per saperne di più: Wikipedia

Biosfera - Infografica - La cellula procariote


martedì 9 giugno 2020

Scienze della Terra - La formazione di un giacimento di Petrolio . Video Zanichelli



Minerali - La Pirite FeS2 - Disolfuro di Ferro

Cristalli di Pirite - Formula FeS2 Disolfuro di Ferro (II)

PIRITE 
CLASSE MINERALOGICA: solfuro - 
GRUPPO: monometrico - SISTEMA: cubico (gruppo spaziale: Pa3) - 
ABITO: cubico a facce striate, ottaedrico, pentagonododecaedrico, icositetraedrico ed in cristalli con combinazioni di queste forme; pirite si trova comunemente in noduli, ma anche massiva ed in sostituzione di altri minerali e fossili a formare pseudomorfi - 
DUREZZA: 6-6,5 - 
PESO SPECIFICO: 5,1 - 
INDICE DI RIFRAZIONE: n=1,810 (monorifrangente) - 
COLORE: dal giallo ottone con riflessi grigi al giallo oro - 
LUCENTEZZA: metallica - 
TRASPARENZA: opaca - 
SFALDATURA: completamente indistinta -
STRISCIO: polvere nera verdastra, diversa da quella gialla dell'oro - 
FRATTURA: concoide - 
PLEOCROISMO: assente - 
FLUORESCENZA: nulla


La pirite si forma in quasi ogni tipo di ambiente, comunque le maggiori quantità si originano nelle rocce sedimentarie metamorfiche, dove si forma per deposito fuori del contatto dell'aria; la genesi idrotermale è quella che fornisce le più belle cristallizzazioni, la genesi sedimentaria dà invece masse microcristalline


I maggiori produttori di pirite sono Spagna e Giappone; vi sono poi giacimenti in Grecia, Svezia e Stati Uniti; in Italia bei cristalli provengono dall'isola d'Elba ma pirite si trova anche a Gavorrano, Niccioleta, Sardegna, Alpi.

Il suo nome viene dal greco pyr (fuoco) perché produce scintille quando la si percuote (vedere la voce "accendere un fuoco" sul manuale delle giovani marmotte); i greci la portavano come amuleto, gli incas ne facevano degli specchi, nel Medioevo veniva confusa con l'oro ed era quindi chiamata "oro degli sciocchi"

La Pirite è un polimorfo della marcasite; è un semiconduttore, si decompone con l'acido nitrico, è facilmente fusibile, non è malleabile (a differenza dell'oro). La pirite è utilizzata per la produzione di acido solforico per usi svariati nell'industria chimica, inoltre si estrae zolfo utile per concimi, fabbricazione di cellulosa, vulcanizzazione del caucciù, antiparassitari, cosmetici, prodotti farmaceutici

La Pirite si riconosce facilmente grazie ad abito, durezza, striscio e lucentezza; a causa del fatto che la pirite si ossida molto facilmente occorre fare molta attenzione ai campioni di pirite nelle collezioni poiché decomponendosi libera acido solforico che può attaccare tutto ciò che li circonda.

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